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  L'Aquilone

Il giornalino scolastico del I° Istituto comprensivo statale di Buccheri

 

Arte e Cultura

 

 Sindrome da mass-media

La società d’oggi tende sempre più ad omologarci secondo le tendenze che impongono i media. Così il modo di vestire, il linguaggio e perfino il modo di agire e pensare vengono influenzati da soap-opera, reality show e programmi televisivi animati da veline, letterine scossine e chi più ne ha più ne metta.
Senza che ce ne rendiamo conto, i media mettono in atto un machiavellico sistema di lavaggio del cervello che, se portato a termine, dà come risultato degli insulsi individui senza carattere, valori e opinioni personali. “Sei quello che pensi! I tuoi comportamenti dicono chi sei!”, ma magari si riuscisse a tenere sempre a mente queste affermazioni. La nostra società sembra essere costituita solo da esteti.

La bellezza è l’idea fissa d’ogni età: dalle arzille signore settantenni ai sedicenni rampanti. Parola d’ordine: vai col ritocco! Qualche iniezione al botox, un’aspiratina qua e là alla ciccia, un riempimento nelle zone strategiche e il gioco è fatto. Il problema è che, sempre più spesso, sono le giovani e le giovanissime a far ricorso alla chirurgia estetica.

E non mancano esponenti del sesso forte. Il miraggio di un corpo statuario, dagli addominali scolpiti e dal profilo seducente (conquistato rapidamente e quasi senza sforzo) è la più grande preoccupazione di tutti. Ma cosa succede davvero nelle nostre teste quando pensiamo che tutti sono più belli, fascinosi e più felici di noi? Difficile a dirsi.

Si comincia a pensare che il nostro corpo sia un limite e non un mezzo per esprimere ciò che vorremmo, il senso di frustrazione sale alle stelle e ci si convince che cambiando l’esterno si riesca a cambiare anche dentro. Ecco svelato il mistero della “mission impossibile” (leggi “fregatura”) più seguita oggigiorno.
Ma è possibile che nessuno ambisca a qualcosa di più? Siamo davvero arrivati al punto di non ritorno?
Se solo si riuscisse a dare voce alle nostre emozioni, se si riuscisse a non aver paura di diventare davvero indipendenti (innanzitutto con la testa) e di crescere con la voglia di scoprirsi esseri unici e irripetibili e non delle banalissime copie sbiadite di “pupazzi di gomma”, forse le cose andrebbero meglio. E forse ci accorgeremmo che al mondo esistono anche altre cose per le quali vale la pena di vivere.

 

Mariateresa Pizzo Classe 3^ Media

 

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