Maddalena
simile ad un'altra "cona" che 1'artista aveva eseguito per la chiesa
di S. Antonio. La chiesa di non grandi dimensioni sorgeva
originariamente in luogo isolato: in un documento del 1661 don
Pietro Velasco vicario foraneo di Buccheri scri-vendo al vescovo fa
rilevare come la chiesa della Maddalena non fosse adatta ad essere
elevata a coadiutrice della Madre Chiesa per essere "fuori della
detta terra in parte disabitata et in campagna tutta plena di
umidità per essere in parte discoperta e dirupata di maniera che vi
entrano dentro animali e cavalcature ed è rifugio di ladri e
disertori di campagna et in quella si hanno trovato molti funi
(...). In effetti la piccola chiesa della Maddalena stenta ad essere
completata se e vero che nel 1568 si effettuano diverse vendite di
terre per completare la fabbrica del campanile.
Nel 1611 si
costruiscono alcune cappelle come quella di santa Marta e di San
Filippo: in questa data è mastro Pietro Pisasale, impegnato in
questi anni a rifare le chiese di Buccheri, a riprogettare ed
edificare le cappelle nuove diroccando quelle vecchie. Nel 1632 si
decide di costruire una nuova chiesa con il contributo di tutli i
fedeli, per essere risultata la prima assai piccola e incomoda. I
lavori vanno a rilento: nel 1632 si pagano "mastri per sterrare lo
fossato", indi si chiede licenza "di monsignore (il vescovo) di
poter benedire li fossati atti a chiantarsi la croci nel sito della
nuova chiesa". Ma nel 1639 si pagano tarì 4 "per andare a chiamare
mastro Antonio Milanese per riconzare la pianta di la nuova chiesa'",
e nel 1639 "si pagano onza una tt. 3 per giorni di tagliari l'arco
e !o capitello grandi di lu pilastru"', nel 1646 vengono spese 86
onze e la chiesa non è stata completata. |
© Salamone Vito |
© Salamone Vito |
Nel 1658 si
commissiona 1'organo a Francesco Montalto per 27 onze e 2 tarì. Nel
1661 la confraternita viene elevata ad arciconfraternita e nello
stesso anno la chiesa viene eletta a coadiutrice della Madre Chiesa,
nonostante 1'opposizione del confrati della rivale chiesa di S.
Antonio e del parro-co; I'anno dopo fu "stucchiato" e imbiancato il
dammuso maggiore (la volta) ed i muri della chiesa e furono pagate
4 onze al pittore Silvestro Lo Terzo ''per un quadro dell’Immacolata
Concezione da mettere nella cappella che i coniugi La Bruna avevano
fatto edificare nella chiesa'".
Ancora nel 1682 si comprano 2408
tegole per 6 onze il che vuol dire che la chiesa veniva ancora
rifnita. Infne il 22 novembre 1692 si biancheggia la chiesa,
pagandosi onze 15 a mastro Andrea Falcone di Licodia Eubea.
II
terre-moto del 1693 distruggendo la chiesa poneva fine a questo
stillicidio di lavori mai completati. La chiesa fu ricostruita in
altro sito, dov'è tuttora. II sito consentiva la costruzione di una
chiesa ampia e in luogo assai praticabile, e si inseriva bene nel
processo di rinnovamento edilizio ed urbanistico iniziato verso i
primi del '600."
I lavori della costruzione della nuova chiesa, come
di quella di S. Antonio, iniziarono quasi subito dopo il terremoto:
la cosa non fu vista bene dal parroco e dal vescovo che ordinarono
che si ricostruisse prima la Madre Chiesa.
Nel 1702 giunse a
Buccheri l’Architetto fra' Michele da Ferla, dei padri Riformati, il
quale tracciò la pianta della nuova chiesa orientandola verso
occidente, in direzione della Piazza, e occupando il sito della
vecchia chiesa dello Spirito Santo. |
I lavori erano
stati ormai intrapresi ed erano a buon punto: nel 1724 furono
completate le pareti collaterali della cupola centrale dal mastro
Blasio Santoro e da mastro Giuseppe Ferrara da Palazzolo, quest'ultimo
dovette "perfezionare tutti I'archi della nave della nuova chiesa".
Nel 1732 lacopo Dragotta di Caltagirone realizzò i pavimenti su
disegno di Michelangelo Di Giacomo, che in questo anno è gia
capomastro della fabbrica. La facciata si iniziò a costruirla nel
1708 e fu completata per quel che riguarda il primo ordine
dall'architetto buccherese Michelangelo Di Giacomo nel 1750 come
mostra anche un'iscrizione su una colonna della facciata sul lato
sud: "Michaelangelus Di Giacomo /Bucch. Archite (...) ext. Ac (...)
MDCCL". Nel 1754 Giovanni Battista Marino e Domenico Battaglia di
Catania si obbligarono per realizzare la cappella dove fu collocata
la statua della Maddalena. Nel 1768 furono pagale "onze 9 a d.
Giacomo pittore di Augusta per aver pitturato li quadrami", e nel
1773 onze 38 a mastro Gaetano Rametta, col figlio Carmelo "per lo
pulpito, sedili, presbiterio, e credenza di legname di noce": ma il
Rametta non completa i lavori cosi I'anno dopo mastro Antonino
Laganà di Militello si obbligò a " terminare il servigio principiato
cioè li sedili del coro, con li due brachittoni (...) U pulpito, per
complimento del servigio del Pergamo e sedili per deficienza di m.
ro Gaetano Rametta che se ne fuggì (...)". Per quanto riguarda il
prospetto sempre nel 1774 si pagano onze 6 a m.ro Benedetto Alessi
di Avola "capo maestro della prospettiva": al secondo ordine
lavoreranno Don Gesualdo Di Giacomo, fratello di Michelangelo, che
delineò il primo disegno nel 1787, lo stesso anno un altro disegno
fu redatto da don Nicolò Sapia. e I'anno seguente (1788) don Carlo
Maria Longobardi redasse quello che sembraessere il disegno finale,
che fu visionato e approvato nel 1790 a Palermo dagli Architetti
Giuseppe Venanzio Marvuglia, Salvatore Attinelli e Nicolò Peralta.
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I lavori furono
appaltati a Giambattista Santoro. C'e da aggiungere che sempre nel
1790, all'atto di aggiudicare i lavori al Santoro, i procuratori
vollero aggiungere una modifica al progetto, fatta dall'architetto
don Corrado Mazza, secondo cui il Santoro deve "fabricare la sudetta
aggiunta che fu necessaria farsi nel secondo ordine dal sud.o don
Corrado Mazza architetto come si vede nel sud.o disegno riformato a
18 del presente (agosto) con dover fare il pilastro del membretto
del campanile, li calaxcioni e tutto lo scorniciato, e lo scolpito
della pietra di S. Andrea et altro come si è stabilito nel primiero
contralto di obligazione del detto scaduto 30 giugno (...) pro
mercede once 12 (...) col patto che detta aggiunta li procuratori
sono obligati dare e prontuare innanzi detta chiesa entro il mese di
aprile 1791 n° 670 intagli di pietre blanche che piacerà ai
procurator, cioè 100 quadriglioni e lo resto a vascello.II prospetto
fu completato defnitivamente nel 1792 con la posa di un'aquila in
marmo, opera dello scultore catanese Giovanni Marino, delle due
statue di S. Pietro e S. Paolo ai lati del secondo ordine e dei vasi
della balaustrata del sagrato opera di mastro Filippo di Buscemi,
pirriatore.L'interno della chiesa è a tre navate, con pianta
longitudinale e basilicale. La centrale, più alta è chiusa da un
soffitto voltato a vele ed è limitata da due file di colonne.
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La navata di
destra termina nella cappella della Maddalena: qui si può ammirare
uno dei capolavori di Antonello Gagini: la Maddalena, scolpita in
marmo nel 1508. Il 16 agosto 1507 lo scultore Antonello Gagini si
obbli-gava infatti ad eseguire per la confraternita di S. Maria
Maddalena, rappresentata da Antonio Anzalone e Antonio Cefilio. una
statua della santa recante in mano un pomo e un libro come si rileva
dagli atti di notar Giulio De Pascalio in data 16 agosto 1507.Dentro
una nicchia della stessa cappella c’è una statua di legno dipinto
raffigurante S. Biagio. La statua è opera dello scultore napoletano
Gaetano Franzese al quale furono pagate nel 1781 onze 8 e tarì 24;
lo stesso Franzese aveva realizzato nel 1780 la statua del Cristo
resuscitato per 6 onze e 20 tarì. La quadreria è di modesto valore
artistico: il quadro dell'Immacolata nel secondo altare di destra è
datato 1758; di un certo intrresse è la "Natività": nella figura
della giovinetta è rappresentata la figlia del committente in abiti
d'epoca. La pala d'altare è opera di don Gesualdo Di Giacomo
fratello di Michelangelo raffigurante "la vergine del remedio, la
Maddalena penitente, S. Giovanni de Mata e altri santi". Nella
cappella in fondo alla navata sinistra, notevole sono un crocifisso
di fattura cinque-seicentesca e la statua, forse quattrocentesca,
del Cristo alla colonna detto 'patri abbunnanzia', che ogni anno il
giovedì santo veniva portato in processione per le campagne per la
bcnedizione dei raccolti, seguito dal popolo a piedi scalzi e con in
mano manipoli di spighe e luminarie di "busa" (ampelodesmo). II
bell'organo è opera di Alfano Basile, mentre dei fratelli Rametta è
il prospetto ligneo. Alcuni altari si devono a marmorari catanesi
(Ignazio e Giovanni Marino).
tratto da "Buccheri
- Storia, Arte, Tradizioni)
- testi di L. Lombardo-M. Ferrara
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