Testi
di Maria Teresa Di Blasi
Fotografie di Giuseppe Leone
La Valle degli Iblei
Dai suoi 986 metri di altitudine il Monte Lauro domina l'area
degli alti Iblei, materia scultorea e vivente formata (da tufi e
basalti color della terra d'ombra; qua e là banchi di calcare
accidentati che increspano e feriscono le distese dei campi
d’erba e di vento. I solchi profondi dei fiumi incidono le molli
superfici delle maestose vallate plasmandole con la forza di
un'erosione lenta ed inesorabile e di un continuo divenire solo
in apparenza fissato nelle quiete forme dell'attuale
conformazione paesaggistica. Dove le ampie superfici ricoperte
di vegetazione si dispongono in ariose balconate leggermente
inclinate verso il basso, la natura esplode in tutta la gamma
dei colori siciliani dove i toni squillanti dei verdi, dei
gialli e dei marroni appaiono smorzati a causa del bianco di una
luce resa accecante dai riflessi della pietra bianca. E questa
stessa luce, che al tramonto si tinge di metafore irreali,
rimbalza sulle facciate maestose delle chiese che dominano con
il loro slancio verticale il paesaggio urbano diventandone, allo
stesso tempo, elemento qualificante e principale punto
d'attrazione. A Buccheri, la chiesa di
S. Antonio rivaleggia, in un falsato ma attraente gioco
prospettico, con lo sfumato profilo azzurro di un Etna imponente;
a Buscemi, la facciata della chiesa di S. Sebastiano si dispone,
in alto superba, sulla distesa di tegole grigie; a Canicattini
Bagni, S. Maria degli Angeli decora con il suo fastigio
merlettato la linea dell'orizzonte segnata dal profilo verde
scuro dell'altipiano. La chiesa di S. Antonio di Cassaro, anche
se incompiuta, riesce a dominare l'ordinata scacchiera della
città disposta su un morbido pendio; a Ferla, le chiese di S.
Sebastiano, S. Antonio e la Matrice si contendono il primato
dell'altezza e, viste dal cielo, sembrano tre navi che fendono
le onde delle strade e delle case color dell'argilla. San Paolo
di Palazzolo è l'unica chiesa che non s'impone subito alla
vista, anzi si occulta all'interno delle cave chiare quasi a
volersi negare fino al giorno "dell'apparizione", così come
avviene per i simulacri dei santi nascosti nelle teche d'argento
degli altari.
Nelle campagne, segnate dal fitto reticolato (dei muretti di
pietra bianca, le edicole sacre sembrano voler replicare, in
miniatura, l'esaltante bellezza (dei modelli delle chiese;
disposte a fianco di una proprietà, di una cisterna, in un
crocicchio o presso una sorgente appartengono all'intera
comunità anche se rammentano la memoria di un voto privato e
segreto. E leggendo questi segni della religiosità popolare,
diventati ormai veri e propri punti di riferimento topografico,
ci viene in mente un passato (di duro lavoro dei campi e di
miseria, oggi diventato memoria perenne all'interno dei musei
delle tradizioni popolari che costituiscono una delle ricchezze
culturali della Valle degli Iblei.
Un patrimonio comune (inteso come substrato culturale del
territorio), ma allo stesso tempo esclusivo di ciascun paese
degli alti Iblei, è quello della conservazione delle antiche
tradizioni popolari, profane e religiose, che si perpetuano con
immutata e sentita coralità: a Buccheri
l'accensione dei Fuochi dell'Ascensione (“fari a scinzioni"),
a Buscemi la Festa della Madonna del Bosco, a Canicattini Bagni
le tradizioni culinarie (nfigghiulati 'ca niebbita"), a Cassaro
i Fuochi di S. Antonio, a Ferla, durante la Settimana Santa, la
"Ciaccariata" e a Palazzolo le spettacolari feste di S. Paolo e
di S. Sebastiano con il lancio di migliaia di coloratissimi "nzareddi"
(strisce di carta colorata).
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