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Chiesa

Sant'Antonio Abate 1702 - 1815

La chiesa di S. Antonio domina la città, contribuendo con la sua alta e slanciata facciata a colonne con torre campanaria centrale ad accentuare gli effetti scenografici dell’insieme urbanistico. Ignoto è l’anno di fondazione. Un’iscrizione posta su un cantonale dell’abside reca la data 1212, per alcuni l’anno di costruzione.

Ma i dubbi sull’autenticità della scritta sono molti. Il 31 Agosto 1538 registriamo una vendita di case il cui ricavato dovrà impiegarsi “nella fabrica e maramma della cappella sub titulo S.ti Viti. Due anni dopo con atto del I Dicembre 1540 i pittori Aloisio Torres e Nicolao de Noto si obbligano ai procuratori a “relevare figuram gloriosi S.ti Viti (...) di buonu opera e con buoni colori decorare e cololare” al prezzo di on. 20.

© Salamone Vito

le Opere d'arte:
I Dipinti
Transito di S. Giuseppe
Immacolata e Santi
S. Vito
S. Giovanni Battista
S. Antonio in estasi
Le statue
S. Antonio
Le Feste
S. Antonio Abate
 

Nel 1593 si benedisse la prima pietra di posa della chiesa: si trattava probabilmente di una seconda chiesa, i cui lavori proseguiranno per diversi anni. Infatti nel 1600 il magister Sebastiano Pisasale di Ferla si obbliga ai procuratori“venire et servire de eius arte fabricatoris cum duobus magistris Petro Pisasale e Giuseppe Trigili, ad effectum diruendi seu scavalcandos duos arcos pro singula ala dicte ecclesie id est illos viciniores cappellis maioribus (...) et iterum fabricandi recontiendi et murandi (…)”, cioè i mastri devono rifare due archi per ogni singola navata della chiesa. Nel 1622 attraverso una donazione del devoto Vito Pavonio venne costruita una nuova cappella dove situare 15 immagini “degli Anzili”. Nel 1625 fu completato il coro, cui lavorarono i “mastri murarii” Porfirio Zocco, Mauro Scalzo, Francesco Brullo, Matteo Ferlisi. Questa chiesa aveva un orientamento inverso rispetto all’attuale: la facciata infatti guardava verso piazza Fratti (“Chiazzitta”), verso quello che era, nel medioevo, nel cuore del paese. II terremoto del 1693 distrusse totalmente la chiesa. Si pensò allora di edificarla sullo stesso sito, ampliandola e disponendola verso sud, dove già la città si era espansa fino al sottostante canale e oltre. In questo modo si ridefiniva anche sul piano simbolico lo spazio urbano realizzando uno sche­ma geometrico tipico del barocco, definito ai quattro punti cardinali dal Calvario, chiesa di S. Maria Maddalena, chiesa Madre e chiesa di S. Antonio appunto. Subito dopo il terremoto i confrati si danno alacremente alla ricostruzione sterrando il sito della vecchia chiesa ed espropriando i diversi “casaleni” privati, per consentire 1’amipliamento dell’edificio. Dal 1705 vi lavora mastro Giuseppe Ferrara “capo mastro della terra di Palazzolo”, il quale sub-appalta i lavori a don Corrado Scarrozza di Noto. II disegno segue le regole del Vignola. II Ferrara vi lavora a lungo. Dal 1736 si lavora ed elevare la prospettiva: vi lavora mastro Sebastiano Cardona.

La facciata fu realizzata a diverse riprese da Rosario Martelli, mentre i fratelli Viola di Catania realizzano il portale di marmo. Ma la facciata non piaceva ai confrati specie in confronto con quelli della rivale chiesa della Maddalena che negli stessi anni si andava completando nel primo ordine. Nel 1792 si decise di rifare interamente la facciata. Fu chiamato 1’architetto “camerale” don Salvatore Alì, il quale delineò il disegno. Ma i confrati non erano ancora contenti e lo fecero periziare dall’architetto don Antonino Battaglia di Catania il quale fornisce nel maggio del 1793 un nuovo disegno con le modifiche cui 1’Alì dovrà attenersi. Accettate le modifiche del Battaglia, 1’Aìi segue i lavori, affidati al capomastro avolese Giambattista Santoro.

© Salamone Vito

La chiesa si presenta oggi maestosa al culmine di una ripida scalinata, costruita nel 1911, dopo avere abbattuto diverse costruzioni e modificato assai radicalmente il tessuto preesistente. L’interno a tre navate ha impianto basilicale a colonne reg­genti archi a tutto sesto: la pianta e l’interno si avvi­cinano assai a quelli di S. Maria Maddalena. Gli stucchi della navata centrale sono di Giuseppe Gianforma e furono realizzati nel 1757. Al pittore Antonio Sortino si devono i primi due quadri della navata destra e il primo della sinistra. La tela del 3° altare della navata di destra è opera del pittore messinese Giovanni Tuccari. Un discorso a parte meritano i due quadri di Guglielmo Borremans: “S. Antonio in estasi” pala d’altare e “S. Vito con i santi Modesto e Crescenza” nella cappella di sini­stra. I quadri furono eseguiti nel 1728. Già nel 1716 il Borremans aveva eseguito per i Padri Cappuccini di Buccheri una “Immacolata e Santi” (oggi al Museo dì Palazzo Bellomo di Siracusa. I relativi rogiti notarili sono stati ritrovati presso l’archivio di Stato di Palermo e pubblicati).

Il coro ligneo, i sedili la sedia presbiteriale e altri arredi sono opere di Domenico Avola di Catania del 1790, che nel 1800 eseguì anche il pul­pito. La statua di S. Antonio portata in processio­ne il 17 gennaio fu scolpita e indorata da Michelangelo Di Giacomo nel 1743. Allo stesso Di Giacomo appartiene una statua del Cristo resusci­tato (1737), indorata da Carlo Carnazza di Catania. Nella sacrestia il casciarizzu in noce è opera di mastro Salesio Laganà di Militello (1773), indora­to da Lorenzo Scifo di Vizzini nel 1787. In fondo alla navata di sinistra vi è la statua dell’Immacolata scolpita da Sebastiano Alessi di Siracusa nel 1768. Notevole il paliotto dell’altare costituito da una lastra di marmo su cui è scolpito un rilievo, di probabile fattura seicentesca, con scene bibliche. Gli altari marmorei sono quasi tutti di don Giovanni Marino. In particolare l’altare centrale fu commissionato al Marino nel 1787.

(tratto da "Buccheri - Storia, Arte, Tradizioni)
- testi di L. Lombardo-M. Ferrara

 

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